Le avventure di Bianca e Bernie: i volti nascosti della Disney
“Sei morto se ti concentri solo sul pubblico dei bambini, gli adulti in fondo sono solo bambini
cresciuti” - Walt Disney.
L’aforisma del padre di Topolino lascia sottendere come le sue pellicole non fossero finalizzate al solo intrattenimento goliardico, ma anche alla sottile critica. Molti cartoni del vecchio Walt
interrompono il filone dei famosi classici proprio perché, per comprenderli, non basta la sola
fantasia bambinesca, ma occorre un punto di vista più freddo e distaccato. Coerentemente, il
cartone presentato: le avventure di Bianca e Bernie, non necessita solo di un occhio più maturo,
ma presenta esplicitamente una doppia lettura.
La storia è incentrata sulla figura di Penny: una bambina orfana che viene adottata da una
misteriosa donna, proprietaria di un banco di pegni. Portata via dall’orfanotrofio, la bambina si
ritrova rinchiusa in una nave abbandonata nel bel mezzo di una nera ed isolata palude.
La donna di nome Medusa è una cacciatrice di tesori e desidera recuperare un grosso diamante
nascosto in una buia caverna sotterranea; ma l’ingresso della caverna è troppo piccolo e stretto
per qualsiasi adulto, ed ecco che adottare una bambina per mandarla giù a cercare, risulta alla
donna la scelta più logica. Penny scrive lettere di aiuto, le rinchiude in delle bottiglie e spera che
qualcuno possa trovarle; una di queste viene raccolta da un’organizzazione di topi specializzata in
salvataggi. Due suoi membri: l’elegante Bianca e l’impacciato Bernie, partono per salvare la
bambina.
Tra il tutto e il niente
Il classico è uno dei meno conosciuti dal pubblico infantile poiché la cupa e sinistra ambientazione, disegnata magistralmente con la matita della realtà, rende molto difficile il classico finale “happy ending”.
Ma la Disney, che seppur in questo cartone abbia ridotto l’elemento fantastico, è riuscita a creare un prodotto adatto ai bambini con l’inserimento nella vicenda di una bambina
stessa. Questa scelta si è rivelata molto intelligente: difatti alleggerisce il carico pesante dato dalla tragicità della trama e in più permette al filone narrativo di raggiungere il suo risvolto positivo. Leopardi
stesso diceva: “il fanciullo trova il tutto nel nulla”, e i creatori della pellicola hanno sfruttato
proprio questo concetto: far vedere la cruda realtà agli occhi d' una bambina per permettere la
fuoriuscita di quell' inconsapevolezza capace di creare la famosissima luce in fondo al tunnel.
Come insegna la teoria del fanciullino di Pascoli, questa inconsapevolezza trova
nell’immaginazione il suo mezzo di trasmissione. Difatti Penny si trova immersa in una vicenda che
avrebbe annullato qualsiasi uomo, privandolo di speranze e di ragioni per andare avanti. La
bambina invece parla con il suo peluche, prega e spera (con un non nascosto ottimismo) che le
cose possano cambiare.
L’intrinseca immaginazione di un fanciullo permette, mischiandosi alla realtà, di creare la
superiorità del “bene sul male”, rendendo possibili le basi per un finale positivo che, data
l’ambientazione realmente cupa, sarebbero state quasi inesistenti.
L’immaginazione crea la speranza e, nella Disney, la stessa immaginazione è la soluzione alle
vicende: l’aiuto tanto sperato da parte di Penny giunge in modo del tutto contrastante rispetto alla
realtà che aveva dominato la scena, l’astratto entra di prepotenza nel reale portando, nell’oscurità
della palude, due topini bianchi che sfidano degli avversari molto più grandi e forti. Distorcendo la
realtà, le speranze della bambina trovano quindi concretezza con l'ausilio della fantasia, che apre le porte al “tutto è possibile”.
Il cartone gioca molto sui contrasti tra realtà cupa e immaginazione luminosa, incarnandoli nella
contrapposizione tra adulto e bambino;
stessa. Questa scelta si è rivelata molto intelligente: difatti alleggerisce il carico pesante dato dalla tragicità della trama e in più permette al filone narrativo di raggiungere il suo risvolto positivo. Leopardi
stesso diceva: “il fanciullo trova il tutto nel nulla”, e i creatori della pellicola hanno sfruttato
proprio questo concetto: far vedere la cruda realtà agli occhi d' una bambina per permettere la
fuoriuscita di quell' inconsapevolezza capace di creare la famosissima luce in fondo al tunnel.
Come insegna la teoria del fanciullino di Pascoli, questa inconsapevolezza trova
nell’immaginazione il suo mezzo di trasmissione. Difatti Penny si trova immersa in una vicenda che
avrebbe annullato qualsiasi uomo, privandolo di speranze e di ragioni per andare avanti. La
bambina invece parla con il suo peluche, prega e spera (con un non nascosto ottimismo) che le
cose possano cambiare.
L’intrinseca immaginazione di un fanciullo permette, mischiandosi alla realtà, di creare la
superiorità del “bene sul male”, rendendo possibili le basi per un finale positivo che, data
l’ambientazione realmente cupa, sarebbero state quasi inesistenti.
L’immaginazione crea la speranza e, nella Disney, la stessa immaginazione è la soluzione alle
vicende: l’aiuto tanto sperato da parte di Penny giunge in modo del tutto contrastante rispetto alla
realtà che aveva dominato la scena, l’astratto entra di prepotenza nel reale portando, nell’oscurità
della palude, due topini bianchi che sfidano degli avversari molto più grandi e forti. Distorcendo la
realtà, le speranze della bambina trovano quindi concretezza con l'ausilio della fantasia, che apre le porte al “tutto è possibile”.
Il cartone gioca molto sui contrasti tra realtà cupa e immaginazione luminosa, incarnandoli nella
contrapposizione tra adulto e bambino;
E qui entra in gioco l’antagonista: Medusa. Questo personaggio è probabilmente agli occhi di un infante, il cattivo meno conosciuto e meno riuscito dei classici Disney, tutto ciò perché, in fin dei conti ,è il più umano e reale.
Medusa è una semplicissima donna mangiata dai vizi che l’uomo possiede. La sua brama di
ricchezza l’ha consumata così tanti da superare i precetti morali che probabilmente risiedevano
in lei.
Medusa è una semplicissima donna mangiata dai vizi che l’uomo possiede. La sua brama di
ricchezza l’ha consumata così tanti da superare i precetti morali che probabilmente risiedevano
in lei.
Scontratasi con la realtà la donna ha preso "i dovuti anticorpi", sfociando nell’egoismo e
nella finzione. Come nella realtà è più conveniente che l’abito faccia il monaco, così nella Disney
nulla è lasciato al caso: descrivendo fisicamente il personaggio, visivamente si nota un vestito rosa orribile, capelli rossi, ma soprattutto un esagerato trucco sulle labbra e intorno agli occhi che non passa assolutamente inosservato. L’esagerazione dei cosmetici trova spiegazione in una scena del
cartone dove la cara Medusa, dopo aver sbraitato in modo aggressivo contro il suo aiutante, si
prepara per struccarsi. Questa scena apparentemente semplice racchiude in realtà un solo ma
grande argomento: la finzione. Medusa sta facendo una sfuriata davanti allo specchio poichè la bambina non riesce non a recuperare il diamante, quando, repentinamente, il toc-toc di Penny interrompe l’invettiva della donna che, improvvisamente, cambia voce, invitando la bambina ad entrare nella stanza. Il repentino cambiamento non è casuale. In effetti la donna (che si fa chiamare “zia” dalla bambina) finge una sorta d' affezione e bontà che in realtà non le appartengono.
nella finzione. Come nella realtà è più conveniente che l’abito faccia il monaco, così nella Disney
nulla è lasciato al caso: descrivendo fisicamente il personaggio, visivamente si nota un vestito rosa orribile, capelli rossi, ma soprattutto un esagerato trucco sulle labbra e intorno agli occhi che non passa assolutamente inosservato. L’esagerazione dei cosmetici trova spiegazione in una scena del
cartone dove la cara Medusa, dopo aver sbraitato in modo aggressivo contro il suo aiutante, si
prepara per struccarsi. Questa scena apparentemente semplice racchiude in realtà un solo ma
grande argomento: la finzione. Medusa sta facendo una sfuriata davanti allo specchio poichè la bambina non riesce non a recuperare il diamante, quando, repentinamente, il toc-toc di Penny interrompe l’invettiva della donna che, improvvisamente, cambia voce, invitando la bambina ad entrare nella stanza. Il repentino cambiamento non è casuale. In effetti la donna (che si fa chiamare “zia” dalla bambina) finge una sorta d' affezione e bontà che in realtà non le appartengono.
Medusa diviene quindi metafora d’una forte critica nei confronti dell’essere umano che, annegato nel mare dell’avidità, è disposto a “truccarsi” continuamente ed esageratamente pur di conseguire i suoi
scopi. Con atteggiamento pirandelliano l’antagonista, in presenza della bambina, adotta una
maschera dolce, che però, nella scena, inizia a cadere insieme alle ciglia finte. La svolta avviene
quando Penny chiede di esser lasciata libera per essere adottata. Medusa, per risponderle,
interrompe la struccatura, ed ecco che, con un po’ di attenzione, si nota un particolare: il rossetto
per metà copre le labbra, per metà no; la donna infatti dà alla bambina una risposta impietosa che presenta ancora un falso buonismo.
scopi. Con atteggiamento pirandelliano l’antagonista, in presenza della bambina, adotta una
maschera dolce, che però, nella scena, inizia a cadere insieme alle ciglia finte. La svolta avviene
quando Penny chiede di esser lasciata libera per essere adottata. Medusa, per risponderle,
interrompe la struccatura, ed ecco che, con un po’ di attenzione, si nota un particolare: il rossetto
per metà copre le labbra, per metà no; la donna infatti dà alla bambina una risposta impietosa che presenta ancora un falso buonismo.
Sul finire della scena con un fazzoletto toglie definitivamente il trucco
dalla bocca, facendo cadere l'insensibile crudeltà che si celava dietro.
dalla bocca, facendo cadere l'insensibile crudeltà che si celava dietro.
L’animazione ai tempi della guerra fredda

Il film in questione, seppur estremamente semplice e lineare, sia per la trama, sia per la scrittura e per la caratterizzazione dei personaggi, in linea con il filone dei classici ed intramontabili prodotti dal colosso americano risulta, se lo si guarda con occhio ancor più attento, molto più complesso di quanto, apparentemente, non sembri.
In primo piano, esso è pregno di
patriottismo. Non dimentichiamo infatti che il film risale al 1977. Ciò
significa Guerra Fredda inoltrata. Risulta evidente, chiarito questo punto, il
velato attacco al comunismo promosso dalla casa di produzione figlia di Walt
Disney, uomo che, cosa non da tralasciare, è stato più volte accostato al
nazismo e allo stesso rappresentante del movimento: Hitler. Numerosi tasselli adesso iniziano ora a comporre un
puzzle molto più grande del previsto. Eh sì, perché se premettiamo già a monte
che il “padre fondatore” del colosso del cinema animato più grande e potente
sulla faccia della Terra, avesse posizione anticomuniste e soprattutto
antisovietiche, il quadro appare molto più chiaro e, coerentemente con la
filosofia del Maccartismo quasi dogmatica per gli occidentali filoamericani di
quegli anni, non è totalmente improbabile che lo zio Sam si sia servito anche
di quest’arma per farsi propaganda. Se poi contiamo anche che gli Stati Uniti
erano appena usciti dalla guerra del Vietnam, conclusasi nel 1975 con la
vittoria dei nordvietnamiti, supportati dalla coalizione comunista (capeggiata
da Cina e URSS), allora il cerchio si chiude alla perfezione.
Torniamo però al nocciolo della
questione. Da cosa si deduce l’attacco al comunismo?
Principalmente dal Character
design dei due cattivi principali: i cattivi Medusa e Snoops infatti non solo
sono rappresentati con i capelli di un acceso colore rosso, vessillo cardine
della sinistra politica, ma incarnano gli stessi stati del blocco comunista. Medusa è la metafora dell’URSS, crudele sfruttatrice che non
guarda altro che i suoi interessi, disposta a sacrificare anche una bambina
innocente pur di raggiungere i suoi obiettivi; Snoops invece gioca il ruolo del
paese satellite, sfruttato spudoratamente che però è così debole e spaventato
ddi fronte ai mezzi che possiede il suo capo, gli alligatori Bruto e Nerone, che non
prova minimamente a ribellarsi per paura di essere annientato.
Si può discutere su come
chiamarla, se propaganda o maccartismo, sta di fatto che questo cartone, che dovrebbe
avere come scopo primario quello di divertire i bambini di tutte le età e di
tutte le generazioni, si è rivelato l’ennesimo episodio di strumentalizzazione
operata da un sistema che ha sempre sfruttato ogni suo appiglio per arrivare
dove non riuscirebbero decine di migliaia di testate nucleari: nella mente
delle persone.
Qualunque punto di vista si
prenda in considerazione, è da ribadire il fatto che il prodotto in questione,
sia piacevole e riesca ad intrattenere abbastanza bene pur non essendo un
capolavoro assoluto. Una visione consigliata a tutti gli amanti della Disney e
anche a chi cerca semplicemente qualcosa che si discosti dalla monotonia dei
classici dell’animazione occidentale.
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