Il fantasma nello specchio. Ep.5
-Siete Arianna e Claudine, non è vero?
Uscite dall'areoporto il nostro chauffer ci riconobbe subito. Era bassino, dalle spalle larghe e muscolose, gli occhi scuri e profondi, i capelli biondi. Mi venne da ridere per il modo in cui Claudine mi chiese se fosse lui l'uomo che ci avrebbe accompagnate. Effettivamente anche io mi sarei aspettata un uomo diverso, alto magari, con gli occhi color ghiaccio e il viso da cacciatore di taglie, ma le aspettative calate non mi distolsero dall'obbiettivo. Si presentò a noi con un accento ridicolo e un inglese alla buona, poi sistemò i nostri bagagli nel cofano inspiegabilmente grande della sua Volga nera e ci fece entrare nel retro della auto chiedendoci la destinazione. Per parte del lungo viaggio che ci portò dall'areoporto al misterioso indirizzo di Daniel Pitt fui l'unica a parlare con il nostro particolare autista di nome Igor, mentre Din rimase muta ad osservare il paesaggio attorno a lei, scrivendo sul suo quadernetto ogni cosa le pervenisse agli occhi. Igor si sforzò a raccontarci in ogni dettaglio possibile le molte leggende legate alle strade che percorrevamo, cercando a volte di farsi capire a gesti. L'indirizzo che avevamo dato allo strano russo era lontano e nemmeno un veterano come lui conosceva quella strada di campagna ignota. Scoprii che Igor non era molto più grande di noi, ma la vita che aveva condotto era di certo molto più interessante e avventurosa di quella che avevamo condotto noi, non che ci volesse molto. Da piccolo aveva vissuto nella capitale russa, per poi trasferirsi per gli studi a Novosibirsk, lì iniziò a studiare archeologia e storia, il che spiegò l'enorme conoscenza di ogni tradizione del posto. Ci raccontò che dopo tre anni di studi si rese conto che l'archeologia non era la sua vera vocazione e decise di fare volontariato.
-Perchè mai avresti dovuto rinunciare alla vita che facevi per un lavoro non pagato?- chiesi.
Fu allora che Claudine alzò lo sguardo e smise di scrivere. Guardò prima me, poi il conducente dell'auto con gli occhi sbarrati e rispose con una naturalezza che mi spiazzò.
-È il motivo per cui io scrivo- si interruppe e lasciò finire la frase a Igor.
-Per aiutare gli altri, dare una mano a chi ne ha bisogno-
Le parole dell'uomo mi lasciarono in silenzio a ragionare su qualcosa che per loro, a differenza mia, era naturale. La voce di Igor si fece sempre più ovattata e così quella di Claudine, che aveva cominciato a parlare distogliendo l'attenzione dal taccuino. Isolai quel pensiero dagli altri nella mia mente e incominciai a guardare a ritroso quello che era stato il mio viaggio fin'ora. Ero un'egoista in tutto e per tutto e me ne resi conto allora. A partire dall'inizio della mia avventura il primo sbaglio che avevo fatto era stato quello di non salutare adeguatamente nonno Albert alla partenza, rinnegandogli perfino un bacio, presa troppo dalla bramosia di incontrare il mio vero padre. Mi ricordai anche che durante il volo mi ero categoricamente rifiutata di cedere il mio posto affacciato sul corridoio ad una grassa donna inglese, che mi resi conto col senno di poi essere incinta. Da lì iniziarono a tormentarmi tutti i miei comportamenti sbagliati, come avevo maltrattato il tassista che mi aveva portata a casa di Din, come avevo guardato con la puzza sotto il naso lei e molti altri estranei. Alzai lo sguardo con gli occhi pieni di lacrime e qualcosa mi portò a guardare lo specchietto retrovisore della parte destra dell'auto, fu lì che rividi la donna misteriosa. Mi fissò, con un sorriso commosso stampato sul viso, quasi fiera della realizzazione che avevo fatto. Rimanemmo così per un tempo che mi sembrò infinito mentre sentivo le calde lacrime scendere lungo le guance e cadere sulle coscie, bagnando i jeans. Fu solo quando Claudine mi riportò alla realtà che la donna andò via, dirigendosi alla sua sinistra, seguii con lo sguardo la sua meta e mi condusse verso un piccolo edificio alla mia destra.
-Siamo arrivati- disse Igor prima di scendere dalla macchina e aprirci la portiera dei sedili posteriori...
-L'unica cosa che resta da fare è entrare in quella casa-
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