La recensione di MR.FINI
Passato praticamente un anno da quella Gelida Estate che è stata la stagione 2019, aspettarsi un “kolossal” da Guè Pequeno era inevitabile.
Sinatra sicuramente un incidente da dimenticare, ma l’EP dalle atmosfere petroniane lasciava ben sperare.
Certo, non così bene.
Quando hai ascoltato una ventina d’anni di hip hop, dall’Oceano Pacifico al Mar Mediterraneo, è davvero difficile farsi sorprendere da una nuova uscita, specialmente se arriva dal rapper svogliato e senza stimoli per definizione; probabilmente è proprio per questo che Mr. Fini spiazza l’ascoltatore dalla prima barra all’ultima: Guè si è impegnato, eccome!
Il disco è massiccio e solido come granito, ma liscio come l’olio, esattamente sullo stile dei grandi classici di G-Unit dei primi ’00, tra tutti i primi album firmati 50Cent e The Game.
La cosa che colpisce di più, però, è che Guè è riuscito a “recuperare” i lati positivi di Sinatra e a smussarne i contorni più superficiali, contestualizzandoli in un sound che lui ha correttamente definito “timeless”. Sarebbe stato semplice buttare via tutto quanto e presentarsi con un semplice disco gangsta in salsa statunitense, ma il risultato sarebbe stato altrettanto memorabile?
Dove sarebbero finite le influenze sudamericane, i ritmi latini? Non è cosa da poco racchiudere tutti i gusti e le influenze personali in un progetto coeso e soprattutto dallo stile inconfondibile.
L’artista riesce a ricreare un immaginario gangsta multidimensionale, spaziando dai temi più frivoli a quelli più tragici e intimi della vita di un G. Il risultato è davvero cinematografico, sia nel senso che sembra di vedere le immagini prendere vita dalle parole del Guercio, come ologrammi dall’inchiostro, ma anche nel senso che alcune scelte musicali, liriche e di tracklist rimandano alla struttura di una colonna sonora.
Il disco è così denso e pieno di sorprese (anche nei feat!) che sarebbe inopportuno mettersi a fare il criticone musicale da quattro soldi.
L’invito più coerente e sensato da fare resta quello di ascoltare il disco, ma attenzione: non siate superficiali! È fin troppo semplice cadere nella falsa dicotomia “Rap vero di protestaedenuncia vs Rap finto di soldimacchinesesso” e non godersi questo capolavoro.
In ogni rima, dalla più spaccona alla più seria, il linguaggio tradisce l’autore, ed è proprio nell’ostentazione del patrimonio, opulente e “troppista” anche nel lessico, che emerge la povertà d’animo più vera.
L’uomo è un animale complesso: le difficoltà “vere” non sono soltanto quelle economiche.
Fatto questo predicozzo necessario, le conclusioni: signori, abbiamo il blueprint!
Chiunque voglia fare un disco hip hop multipolare, divertente e appassionante, che sfugga alle logiche del “fast-food rap” ma senza risultare pretenzioso e “radical-chic”, sa dove guardare.
Nell’epoca della musica fatta con lo stampino, nel regno di stream, like e repost, la ricetta di Mr. Fini è imbattibile: “si chiama fottersene”.
P.S. Tecnico: Mix e Mastering su alcuni pezzi sicuramente overcompressed, ma il genere è questo e i pezzi devono spingere, ci sta.
Voto 9/10
-Giuseppe Mancino
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